I consigli per gli acquisti sono stati fedeli compagni degli anni Ottanta, al pari di telequiz e cartoni animati giapponesi. La tv era la gallina dalle uova d’oro e il marketing dell’interruzione una regola: sul più bello, durante le trasmissioni preferite, arrivava la pubblicità. Era un tacito accordo con lo spettatore: lo show in cambio di un po’ di attenzione durante gli spot oppure televendite, concorsi e messaggi in sovraimpressione.
Spesso si tende a spiegare l’inbound marketing partendo direttamente dall’epoca attuale, quella del web 2.0, senza alcun riferimento alle abitudini di un tempo.
Eppure, anche nell’era catodica, qualcuno aveva iniziato a fare content marketing evitando la tentazione della pubblicità e ottenendo un grandissimo successo tanto da suscitare la curiosità del pubblico su prodotti non in commercio.
INDIETRO NEL TEMPO
Era la fine degli anni Ottanta e il programma in questione è Indietro tutta…Renzo Arbore inventa un prodotto televisivo nel quale non solo i quiz sono finti, e le interruzioni pure, ma gli sponsor servono a creare spettacolo, curiosità e intrattenimento. La canzone Cacao Meravigliao
diventa una colonna sonora da ascoltare in macchina, una videocassetta da regalare, una maglietta da acquistare: un contenuto virale (si direbbe oggi).
Manca solo una cosa all’appello: il prodotto.
Perché il Cacao Meravigliao non esiste, è un’invenzione, ma poco importa.
Quello di Indietro tutta! è un episodio importantissimo perché fa capire che la teoria prodotto-centrica è fine a sé stessa e che una bella storia può valere più di un prodotto.
Renzo Arbore ha cambiando l’approccio dello spettatore al prodotto televisivo, e quindi alla pubblicità. Prima di lui e dei suoi seguaci lo spettatore era rassegnato alla pubblicità. Non esiste un’alternativa, né un modo per fuggire all’interruzione.
FINO AD OGGI
In seguito Internet e lo schema da seguire è più o meno quello televisivo. Il sito è poco più che una scusa, i contenuti una scocciatura, i banner e i pop-up vengono usati senza criterio.
L’espressione inbound marketing è stata coniata nel 2006 da HubSpot, azienda statunitense che opera nella produzione di software; contrariamente ai vecchi metodi di outbound marketing, come l’acquisto di annunci e di mailing-list non qualificate; l’inbound marketing si concentra sulla creazione di contenuti di qualità che attirino le persone verso l’azienda e il prodotto, cui devono sentirsi spontaneamente interessati.
Il concetto di inbound marketing comprende tutte le azioni svolte online e offline da un brand, per aumentare in modo organico (non a pagamento) la propria visibilità.
L’inbound marketing evita la fase di ricerca dell’attenzione dei potenziali clienti e porta contatti nel momento esatto in cui sono pronti a comprare. Si passa da una strategia di push marketing, che spinge all’acquisto attraverso uno sforzo attivo dell’azienda, a una fase di pull marketing, che beneficia dell’interesse e della scelta del consumatore.
Il cliente vi troverà nel momento esatto in cui è pronto a comprare.
DAL MARKETING CHE RESPINGE A QUELLO CHE ATTRAE
La maggior parte dei budget marketing viene riservata ai canali e alle modalità pubblicitarie che interrompono le persone al fine di ottenere la loro attenzione. Non solo spot televisivi, inserzioni sui giornali, spot radio e cartelloni pubblicitari, ma anche banner, finestre pop-up, e-mail indesiderate, i brevi spot trasmessi da YouTube prima della riproduzione dei video. L’interruption marketing o marketing dell’interruzione può essere ancora efficace ma la stragrande maggioranza del tempo e dell’attenzione degli utenti di Internet, deriva da canali inbound: le newsletter a cui scelgono di iscriversi, i contenuti che vogliono leggere, i risultati di ricerca preferiti, i social media che vogliono utilizzare, i video da guardare.
L’inbound marketing mette al centro il cliente.
Non solo non è interruttivo, ma non è neanche product oriented, bensì customer oriented: al centro della strategia ci sono le persone, che i dati messi a disposizione dalla rete permettono di studiare costruendo per loro un prodotto e una comunicazione su misura.
Il marketing viene quindi prima della produzione perché il prodotto viene plasmato sulle esigenze del consumatore.
Quest’ultimo definisce il prodotto, il marketing ne deve
interpretare le esigenze!
Il prezzo diventa valore: non si seguono più teorie economiche bensì il valore che il prodotto offre agli utenti. Il punto vendita diventa accesso: non si stabilisce dove si venderà il prodotto, si fornisce agli
utenti l’accesso al prodotto stesso dove e quando vogliono. La promozione diventa informazione: in un mondo già saturo di pubblicità si forniscono agli utenti informazioni che li aiutano a risolvere i loro problemi.
L’inbound marketing, quindi, non è solo promozione, è una metodologia che segue l’intero processo d’acquisto.
Grazie ad appositi software di analisi si può sapere con precisione da quale canale provengono i contatti, se sono arrivati tramite i motori di ricerca o pubblicazioni sui social. In questo modo si possono individuare le piattaforme più adatte alla comunicazione modellando
di conseguenza campagne, investimenti e sforzi futuri.
Le persone interessate, attirate dal marchio, diventeranno prima contatti, poi clienti, infine promotori.
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